Avevo solo 16 anni quando per la prima volta mi imbattei a leggere sui Sassi di Matera. Stavo leggendo “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi. Ero già immerso nella vita quotidiana e misera dei contadini di Aliano (paese dove fu confinato Carlo Levi) quando arrivai al capitolo dove si parlava dei Sassi di Matera. In realtà il racconto viene fatto dalla sorella di Levi che prima di venire a trovare il fratello fece una breve visita ai sassi.
Descrisse una situazione di grande disagio umano, di grande povertà e miseria, di “mala” salute. Parlava di [ … bambini seduti sull’uscio delle case, nella sporcizia, al sole che scottava, con gli occhi semichiusi e le palpebre rosse e gonfie; e le mosche gli si posavano sugli occhi, e quelli stavano immobili, e non le scacciavano neppure con le mani. Altri bambini incontravo, coi visini grinzosi come dei vecchi e scheletrici per la fame; i capelli pieni di pidocchi e di croste. Ma la maggior parte avevano delle grandi pance gonfie, enormi, e la faccia gialla e patita per la malaria (…) ].
Rimasi scioccato da questo racconto ma mi colpii anche la descrizione di questo luogo, a me sconosciuto, così povero, lugubre e grigio: [ … arrivai ad una strada che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio è Matera. Ma di lassù dove ero io non se ne vedeva quasi nulla, per l’eccessiva ripidezza della costa, che scendeva quasi a picco. Vedevo soltanto, affacciandomi, delle terrazze e dei sentieri, che coprivano all’occhio le case sottostanti. Di faccia c’era un monte pelato e brullo, di un brutto color grigiastro, senza segno di coltivazioni né un solo albero: soltanto terra e pietre battute dal sole.
In fondo scorreva un torrentaccio, la Gravina, con poca acqua sporca ed impaludata tra i sassi del greto. Il fiume e il monte avevano un’aria cupa e cattiva, che faceva stringere il cuore. La forma di quel burrone era strana: come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso da un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca: Santa Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra. Questi coni rovesciati, questi imbuti si chiamano Sassi, Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Hanno la forma con cui a scuola immaginavo l’inferno di Dante. E cominciai anche io a scendere per una specie di mulattiera, di girone in girone, verso il fondo.
La stradetta, strettissima, che scendeva serpeggiando, passava sui tetti delle case, se quelle così si possono chiamare. Sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone: ognuna di esse ha sul davanti una facciata; alcune sono anche belle, con qualche modesto ornato settecentesco. Queste facciate finte, per l’inclinazione della costiera, sorgono in basso a filo del monte, e in alto sporgono un poco: in quello stretto spazio tra le facciate e il declivio passano le strade, e sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelli di sotto.
Le porte erano aperte per il caldo. Io guardavo passando, e vedevo l’interno delle grotte, che non prendono altra luce ed aria se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella: si entra dall’alto, attraverso botole e scalette. Dentro quei buchi neri dalle pareti di terra vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento erano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha in genere una sola di quelle grotte per tutta abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini e bestie.
Continuavo a scendere verso il fondo del pozzo, verso la chiesa, e una gran folla di bambini mi seguiva, a pochi passi di distanza, e andava mano a mano crescendo. (…) Eravamo intanto arrivati al fondo della buca, a Santa Maria de Idris, che è una bella chiesetta barocca, e alzando gli occhi vidi finalmente apparire, come un muro obliquo, tutta Matera. Di lì, sembra quasi una città vera.].
Questa anche oggi risulta essere una descrizione perfetta e veritiera del luogo tranne per un solo particolare: oggi i Sassi non sono più abitati ma sono testimonianza visiva di quella che fu essere la vita contadina di quegli anni in Italia.
Nelle grotte dei Sassi si cela la capitale dei contadini, il cuore nascosto della loro antica civiltà. Chiunque veda Matera non può non restarne colpito tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza. (Carlo Levi).
Carlo Levi fu uno dei primi a parlare di Matera. Purtroppo lui non parlò mai bene di Matera perché descriveva la situazione di quel momento e grazie a lui che poi furono emanate delle leggi che impedirono ai contadini di continuare ad abitare in simili posti adatti solo per le bestie.
Oggi per fortuna si parla tanto di Matera ma solo come luogo di altri tempi, come luogo di grande fascino e non più di grande miseria. Già Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO nel 1993, i “Sassi di Matera” nel 2019 ebbero un nuovo riconoscimento: Capitale della Cultura Europea.
Finalmente anch’io ebbi la fortuna di visitare i Sassi di Matera. Avevo già fatto un giro virtuale online quindi non mi era sconosciuta del tutto ma di presenza è tutta un’altra cosa. In particolare si visiterà il Sasso Caveoso la parte più suggestiva e antica dei Sassi. Bisogna visitare Matera con la consapevolezza che in quelle grotte non abitavano animali ma persone.
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